Made in Italy anti-crisi: i settori “tradizionali” trainano ancora l’economia ma occorre investire di più su nuovi comparti

Comunicati Stampa   20 Ottobre 2010

Qual è stato il ruolo del Made in Italy nel rilancio dell’economia del nostro Paese sui mercati internazionali? Quali i settori maggiormente riconosciuti all’estero, e in particolare in America e Cina, come espressione dell’italianità? Sono ancora quelli tradizionali o ve ne sono di nuovi? Su quali dovremmo puntare in futuro? Queste e altre le considerazioni che emergono dalla ricerca ISPO presentata in occasione del IX Forum Annuale del Comitato Leonardo in Campidoglio.

Roma, 20 ottobre – In un 2010 difficile per le economie internazionali, le sfide dei mercati globali e la crisi mondiale impongono una riflessione: i settori “tradizionali” come la moda (citato dal 60% degli intervistati ISPO) e l’alimentare (58%) mantengono la loro credibilità e hanno giocato un ruolo fondamentale per sostenere la nostra economia.

Da questi dati, emersi dall’indagine condotta dal’Istituto ISPO del Prof. Mannheimer, parte il IX Forum Annuale “Le strade del Made in Italy: quale futuro?” organizzato in Campidoglio dal Comitato Leonardo, l’associazione presieduta da Luisa Todini.

Ma se il punto di partenza è stato proprio la conferma di quei settori che tradizionalmente vengono associati al “Made in Italy”, secondo gli opinion leader contattati, per il futuro questi due comparti non saranno più sufficienti per affermarsi all’estero. Per sostenere l’economia italiana bisognerà puntare anche su altre eccellenze del nostro Paese, come il turismo (12%) la ricerca e innovazione (11%), la meccanica (10%), arredamento e design (9%) e le energie rinnovabili (7%).

Ampliare il vocabolario del Made in Italy, è questa la sfida che le nostre imprese e il Paese tutto dovranno affrontare nei prossimi anni per restare competitivi sui mercati internazionali”, questa la ricetta anti-crisi evidenziata dalla ricerca Ispo e confermata da Luisa Todini, Presidente del Comitato Leonardo. “I nostri imprenditori sanno che l’Italia e i suoi prodotti sono famosi e apprezzati nel mondo per la loro estetica, per la qualità e per la creatività che ci contraddistingue. Ma questo rischia ormai di non bastare più, ci sono realtà che più di noi vengono percepite all’estero come sinonimo di qualità e sicurezza. Per questo – conclude Luisa Todini è indispensabile riuscire a valorizzare al meglio quelle che sono realtà imprenditoriali d’eccellenza, che vanno al di là dei confini che tradizionalmente ci vengono riconosciuti”.

La ricerca Ispo, ha coinvolto 4 campioni differenti: da una parte gli italiani – un campione di consumatori interessati al Made in Italy e uno di opinion leader (giornalisti, imprenditori, esperti del settore e universitari), dall’altra un campione di consumatori statunitensi (quali rappresentanti di un mercato tipicamente maturo) e uno di consumatori cinesi (quali rappresentanti di un mercato emergente) interessati al Made in Italy, per approfondire la percezione dei nostri prodotti all’estero e quale futuro si prospetta per le nostre imprese. Il 60% dei nostri connazionali continua a dirsi “orgoglioso” di essere italiano, a conferma del forte senso di identità dei nostri connazionali.

MADE IN ITALY SINONIMO DI BELLEZZA, QUALITA’ E CREATIVITA’

Nonostante 1 italiano su 3 consideri il Made in Italy un mito alimentato solo da noi stessi e non percepito come un valore all’estero, l’80% dei cinesi intervistati e il 79% degli americani crede che le nostre imprese siano riuscite a trasmetterlo come valore intrinseco ai loro prodotti. Se per i nostri connazionali questa espressione è sinonimo di bellezza (94%), qualità (94%) e creatività (92%), è in parte differente per gli stranieri.

Per gli americani, ad esempio, questo concetto viene associato alla passione, alla bellezza e alla cultura. Per i cinesi, invece, vuol dire bellezza, qualità, ma anche cultura, a dimostrazione del fatto che all’estero sono maggiormenteapprezzati i nostri prodotti soprattutto per le loro caratteristiche intangibili.

Sicuramente Made in Italy vuol dire all’estero “settori tradizionali”, ovvero prodotti alimentari e vini (44% per gli USA e 25% per la Cina), ma anche moda e accessori (25% statunitensi e 42% cinesi).

I NUOVI SETTORI STRATEGICI CHE POTRANNO STIMOLARE L’ECONOMIA ITALIANA PER RIMANERE COMPETITIVI SUI MERCATI STRANIERI

A fianco dei comparti tradizionali si affiancano nuove realtà che iniziano ad essere molto apprezzate fuori dall’Italia. Secondo l’indagine ISPO, infatti, esistono dei contesti meno conosciuti all’estero, ma che invece sono considerati rappresentativi del Made in Italy e sui quali bisognerebbe puntare proprio per mantenere più competitivo il nostro Paese.

Negli USA, ad esempio, siamo molto conosciuti per l’arredamento e design (10%), per le navi, gli aerei, le moto e le auto (7%) e per le grandi opere infrastrutturali. Analogamente in Cina siamo conosciuti soprattutto per navi, aerei, auto e moto (11%) e per arredamento e design (10%), meno per elettronica e tecnologie per energie rinnovabili. Questi dati confermano, di fatto, che il ventaglio dei prodotti su cui puntare per ampliare l’offerta del Made in Italy è e dovrà essere nei prossimi anni sempre più ampia e diversificata, al fine di garantire al nostro Paese un recupero di competitività.

Proprio il tema della competitività deve far riflettere oggi. Se, come detto, l’Italia è senza dubbio sinonimo di “bellezza ed estetica”, concetti come “qualità”, “affidabilità” e “sicurezza” sembrano essere più peculiari della Germania. I tedeschi, ad esempio, ci surclassano, a giudizio dei cinesi (66%) e dei nostri stessi opinion leader (50%) per la “qualità dei prodotti”. Lo stesso avviene per quanto riguarda la “sicurezza” (per il 64% dei cinesi e per il 72% degli opinion leader) e l’affidabilità (66% dei cinesi e 67% degli opinion leader italiani). Anche fra gli stessi italiani la percezione del Made in Italy, rispetto al 2002, ha subito dei punti d’arresto: oggi si riconosce ai nostri prodotti una superiorità solo su “qualità” ed “estetica/bellezza”. Tutto questo deve far riflettere sulla necessità di ripensare i concetti cardine che sottendono alla nostra produzione.

 

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Sito internet: www.comitatoleonardo.it

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